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È Il 1966. Cinque ragazzini giocano a palloni tra le case popolari della periferia nord di Edimburgo. Due poliziotti li fermano per disturbo della quiete pubblica e li spediscono in tribunale. Uno dei cinque ha otto anni, suo padre è un ex portuale e sua madre fa la cameriera. Si chiama Irvine Welsh e da grande sarà uno scrittore. Uno tra i più famosi. Edimburgo è stata la città di Arthur Conan Doyle, Walter Scott, Robert Louis Stevenson. Impossibile non pensare anche a J.K. Rowling, che alla capitale scozzese si è ispirata per la saga di Harry Potter.
Eppure nessuno come Irvine Welsh ha eletto Edimburgo a protagonista assoluta: le sue opere, a partire da Trainspotting, più che commedie, sono veri e propri romanzi politici, fotografie spietate ed esilaranti del degrado della generazione perduta degli anni Ottanta, che si abbandona all’eroina come unica alternativa al circolo vizioso casa-famiglia-lavoro. I personaggi di Irvine Welsh appaiono e scompaiono, l’unico punto fermo, pur scassato, è sempre Edimburgo. Il viaggio di Andrea Pomella deraglia dalla regina Vittoria alla storia animosa tra gli Hibs e gli Hearts, le squadre della città; da Stevenson a Claudio Caligari; dallo squallore dei più scalcinati pub ai ristoranti stellati; e nei contrasti, nel loro chiaroscuro, Pomella coglie tutta la dimensione surrealista di Edimburgo: una città deformata dalla disfatta, dalla droga, e dalla gioventù che l’ha attraversata.