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«Gli esseri umani non possono vivere senza una qualche forma di fiducia. Se non si fidano, iniziano a odiare. E alla fine, prima o poi, si vendicano per quella mancanza di fiducia. Indirizzano altrove la propria rabbia: si sfogano contro un treno in ritardo, contro i risparmi persi, contro l’appartamento del vicino, più grande del loro. Eppure, fidarsi – almeno così mi sembra – è sempre una scelta. Chiunque può decidere in qualsiasi momento di avere fiducia. E così evitare il peggio, almeno qui e ora, nel mondo concreto in cui viviamo.»
Un uomo girovaga per Berlino, e ne ascolta le voci. C’è quella dell’ex chirurgo Dariusz, passato da una sala operatoria di Lublino a una pompa di benzina della Shell; quella di Eli, attore fracassone dall’accento rumeno; quella di Dorota, architetta che porta sulla pelle le contraddizioni del Novecento. E come queste, tante altre voci che si fondono nel canto di quella città esemplare e atipica che è Berlino. Tutti sono nati altrove, e qui si sono impantanati. A ognuno di questi ospiti tristi il narratore offre ascolto, alla ricerca di un senso tra le mille luci della metropoli. Un romanzo corale che mostra il cuore antico delle inquietudini del nostro presente e indaga il tema attualissimo del rapporto tra l’Est e l’Ovest dell’Europa.